
Iniziare un Percorso di Genitorialità Evolutiva Senza l'Appoggio dell’Altro Genitore
ago 22
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"Fai ciò che puoi, con ciò che hai, nel luogo in cui sei." – Theodore Roosevelt
Nota importante
In questo articolo non ci riferiamo a situazioni di divergenza educativa che porta con sé violenza fisica, verbale, psicologica, economica o di altra natura. In quei casi, le considerazioni e le strategie descritte qui non si applicano: sarebbe necessario intraprendere un percorso completamente diverso, con un’analisi approfondita e il supporto di figure professionali competenti e specializzate nella tutela e nella protezione delle persone e dei minori coinvolti.
In questo testo ci concentreremo invece su quelle circostanze comuni in cui i genitori hanno opinioni, stili e strumenti educativi diversi, ma scelgono di crescere i propri figliə insieme: situazioni in cui non c’è pericolo, ma dove può esserci tensione, frustrazione o la sensazione di non remare nella stessa direzione.
👨👩👧 Caro Genitore,
Molti genitori, quando mi contattano per iniziare un percorso di crescita genitoriale, cambiare approccio educativo o apprendere nuove strategie e strumenti, si trovano spesso senza l'appoggio dell'altro genitore.
Ci sono genitori scettici rispetto a un approccio più empatico, altri che – anche se non lo dichiarano apertamente – temono il cambiamento. C’è chi ha paura di dover guardare dentro di sé e mettere in discussione le proprie convinzioni, chi non crede in un approccio evolutivo e ritiene che il metodo coercitivo (quello con cui è statə cresciutə) sia la modalità giusta per affrontare la crescita di un figliə. Altri ancora, anche se riconoscono che le cose non stanno andando “bene”, faticano a raccontarsi e temono di essere giudicati dal professionista, e quindi la loro risposta è: “Non ne abbiamo bisogno”.
Quale che sia la ragione di questa “resistenza genitoriale”, il risultato per chi invece vorrebbe fare quel passo è sempre lo stesso: un vero e proprio blocco.
E allora, che fare? Rinunciare? Aspettare tempi migliori?
La mia risposta è no.
Si può iniziare comunque, senza forzare e senza trasformare la casa in un campo di battaglia, ma partendo da sé stessə.
Perché è importante non rimandare
Partiamo col dire, Caro Genitore, che l'educazione non si gioca solo nei momenti di calma o nelle grandi decisioni (me lo avrai sentito ripetere migliaia di volte).
Educare è fatto di attimi quotidiani, di micro-scelte, di azioni e risposte. Aspettare che l’altro genitore sia pronto (con la possibilità che non lo sia mai) rischia di farti perdere opportunità preziose per rafforzare il legame che tu hai con tuə figliə e essere coləi che metterà il primo tassello del puzzle per costruire un clima più sereno in casa.
Quando iniziamo, siamo in cammino o abbiamo concluso un percorso di crescita personale e genitoriale, il modo in cui ci muoviamo nelle relazioni familiari cambia lasciando inevitabilmente un’impronta.
Il cambiamento viene percepito anche quando non lo dichiariamo apertamente: si trova nei gesti, nelle parole, nell’atteggiamento, nel nostro modo di gestire un conflitto o di accogliere un’emozione.
Applicata al contesto familiare, la teoria dei sistemi familiari, elaborata da Murray Bowen, considera la famiglia come un’unità emotiva interconnessa.
Questo significa che, anche se è un solo genitore a intraprendere un percorso di crescita e a introdurre nuove modalità relazionali, l’effetto non resta isolato. I benefici – in termini di clima familiare, qualità delle interazioni e capacità di gestione dei conflitti – si riflettono su tuttə, inclusə l’altro genitore.
In altre parole, lavorare su sé stessə non è un’azione “individuale” nel senso stretto del termine: è un intervento sul sistema familiare nel suo insieme, e può innescare cambiamenti positivi che si diffondono naturalmente a tutta la famiglia.
Focalizzarsi su ciò che puoi controllare
Uno degli errori più comuni è concentrare tutte le energie nel tentativo di “portare l’altro dalla propria parte”.
La verità è che non possiamo obbligare qualcunə a cambiare, e tentare di farlo rischia di essere controproducente: più ci si sforza di convincere, più l’altro può irrigidirsi e resistere.
Una volta iniziato il percorso, l’altro genitore potrebbe:
Svalutare i tuoi sforzi dicendo che “non serve a niente” o che “sono tutte teorie”.
Mettersi sulla difensiva e interpretare ogni tua scelta come un giudizio implicito sul suo modo di fare.
Aumentare i comportamenti opposti per “dimostrare” che il suo metodo funziona di più.
Chiudersi al dialogo per evitare il confronto, rendendo più difficile trovare punti di incontro.
Trasformare la questione in una lotta di potere dove il focus diventa “chi ha ragione” invece di “cosa serve ai figliə”.
A volte desideriamo che l’altro genitore inizi un percorso perché siamo convinti che il suo modo di approcciarsi ai figliə sia poco efficace o addirittura dannoso: magari usa toni troppo duri, reagisce con scarsa pazienza o affronta le crisi emotive in modo che, ai nostri occhi, peggiora la situazione. È naturale, in questi casi, sentire l’urgenza di “fare qualcosa” e pensare che il primo passo sia coinvolgerlo in un percorso di crescita.
Tuttavia, questo non è un motivo sufficiente per spingerlo a farlo.
Un cambiamento reale e duraturo non si ottiene perché qualcun altro ce lo chiede, ma perché nasce da una motivazione interna: l’intenzione di rivedere il proprio approccio e il desiderio autentico di migliorare la relazione con i figliə.
Se questi elementi mancano, anche il percorso più valido rischia di trasformarsi in un’esperienza vissuta con scetticismo o resistenza, generando frustrazione sia in chi lo propone sia in chi lo affronta senza esserne realmente convinto.
Per questo è importante distinguere ciò che possiamo controllare – il nostro modo di agire, reagire e comunicare – da ciò che è totalmente fuori dalla nostra portata: la volontà dell’altro di mettersi in discussione. Lavorare su noi stessə rimane sempre la strategia più efficace e sostenibile, sia per proteggere la relazione con i figliə, sia per aumentare, nel tempo, le possibilità che l’altro scelga spontaneamente di intraprendere il proprio percorso.
Meglio dunque iniziare da soli e, come faccio nel percorso Evolution Parents, scegliere 2 o 3 comportamenti o strumenti da introdurre subito in famiglia, selezionati in modo che possano essere di supporto anche all’altro genitore.
Ad esempio:
Ascolto attivo: essere noi a dare spazio e attenzione reale alle parole e alle emozioni dei figliə.
Routine chiare e prevedibili: creare pochi punti di riferimento stabili che diano sicurezza a tuttə.
Creare spazio per sé: organizzare momenti brevi ma frequenti, per sé e per Partner, per ricaricarsi.
Questo “effetto domino” non nasce dal forzare o dal cercare di spiegare all’altro “perché funziona” con tono di rivalsa, ma dal lasciare che siano i risultati visibili a parlare.
Quando il clima in casa migliora, le interazioni con i figliə diventano più serene e la gestione dei momenti difficili è più efficace, anche l’altro genitore può, in modo del tutto naturale, sentirsi più propenso a osservare e – col tempo – a sperimentare.
[È importante ricordare, però, che questo non deve essere l’obiettivo primario del nostro percorso. Il nostro scopo è concentrarci su ciò che possiamo fare noi, per noi e per i nostri figliə, senza trasformare il cambiamento in uno strumento per “convincere” l’altro.]
Gestire le divergenze senza conflitto
Le divergenze di opinione tra genitori sono normali e fanno parte della vita familiare. È fisiologico avere punti di vista, esperienze e sensibilità diverse. Tuttavia, quando queste differenze si trasformano in discussioni frequenti o in una tensione costante, la gestione diventa più complessa.
In queste situazioni, il bambinə può trovarsi in una posizione scomoda: sentirsi nel mezzo di un conflitto, provare insicurezza o percepire la necessità di “schierarsi” con uno dei due genitori. Questo non solo crea disagio emotivo, ma può minare la percezione di stabilità e sicurezza di cui ha bisogno.
Nel percorso, lavoriamo per spostare il focus da ciò che l’altro genitore “fa male” a ciò che per te e per tuə figliə funziona. Questo significa cambiare prospettiva e concentrarsi sulle azioni che puoi mettere in campo tu, invece di valutare e giudicare quelle dell’altro.
Ad esempio, invece di dire “Stai sbagliando perché…”, iniziamo a usare frasi come “Io ho notato che, quando faccio così, nostrə figliə reagisce in questo modo…”.
Parlare in prima persona riduce le difese dell’interlocutore e trasforma il confronto in un momento di scambio, non di accusa. Non garantisce che l’altro cambi atteggiamento, ma permette di mantenere aperto il dialogo e di evitare un’escalation di tensioni.
Non si tratta di evitare di esprimere la propria opinione, ma di farlo nei momenti più opportuni, mantenendo le conversazioni brevi e focalizzate, e accettando che alcune divergenze possano rimanere – almeno per ora – irrisolte. La priorità resta proteggere il clima familiare e il benessere emotivo di tuttə, soprattutto dei figliə.
Le resistenze: quando il freno viene da noi
Quando l’altro genitore non è d’accordo, può nascere in noi una serie di resistenze che rischiano di bloccare il percorso ancora prima di iniziarlo. Riconoscerle è il primo passo per affrontarle e capire che non siamo solə in questa sensazione: sono dubbi e paure comuni a moltissimi genitori.
1️⃣ Paura di creare conflitto
Molti genitori temono che, intraprendendo un percorso di crescita personale e genitoriale, l’altro possa sentirsi messo in discussione o giudicato.
C’è la paura che il cambiamento venga percepito come una critica implicita: “Se vuoi fare questo corso, significa che pensi che io sia sbagliato”. Questo timore può portare a rimandare l’inizio del percorso per “evitare discussioni”, col rischio di restare nella stessa situazione per mesi o anni.
💭 La domanda da farti: “Sto rinunciando a un cambiamento importante per paura di una reazione, o perché credo davvero che non sia il momento giusto?”
2️⃣ Paura di essere solə
L’idea di dover applicare nuovi strumenti e strategie senza il supporto dell’altro genitore può far sentire isolatə. Ci si immagina a “lavorare da soli” per migliorare il clima in casa, mentre l’altro continua con modalità opposte. Questo senso di solitudine può scoraggiare e minare la motivazione.
💭 La domanda da farti: “Cosa potrei scoprire di me se scegliessi di iniziare comunque, anche senza l’appoggio dell’altro?”
3️⃣ Dubbi sull’efficacia “a metà”
Una domanda molto comune è: “Se lo faccio solo io, servirà davvero?”.
Il timore è che due stili educativi diversi possano confondere il bambino o annullare i progressi fatti. In realtà, come abbiamo visto anche parlando della teoria dei sistemi, il cambiamento di una sola parte del sistema familiare ha effetti concreti su tutto il resto.
💭 La domanda da farti: “Se anche un piccolo miglioramento fosse possibile, sarebbe comunque un passo avanti per me e per la mia famiglia?”
4️⃣ Senso di colpa
A volte, investire tempo, energia e risorse in un percorso personale viene percepito come un come un gesto egoista. Il rischio è rinunciare a un’opportunità di crescita per paura di turbare un equilibrio che, in realtà, non ci soddisfa già così com’è.
💭 La domanda da farti: “Se scelgo di non fare nulla per paura di turbare l’altrə, che messaggio sto dando a me stessə e ai miei figliə?”
5️⃣ Paura di essere percepitə come “genitore perfetto”
Alcuni genitori temono di assumere il ruolo di “quello che vuole fare il genitore perfetto” o di “quello che vuole insegnare come si fa”. Il timore di essere etichettati può portare a ridimensionare i propri desideri di cambiamento, pur di non attirare critiche.
💭 La domanda da farti: “È più importante proteggere l’immagine che gli altri hanno di me o dare priorità al benessere e alla crescita della mia famiglia?”
6️⃣ Mancanza di tempo o energie
Anche quando la motivazione è alta, c’è la realtà quotidiana: lavoro, gestione della casa, impegni familiari, stanchezza fisica ed emotiva. Il pensiero di dover aggiungere un percorso formativo e di crescita a un’agenda già piena può sembrare schiacciante. Eppure, spesso, proprio il percorso fornisce strumenti per alleggerire carichi e tensioni.
💭 La domanda da farti: “Ci sarà mai un momento giusto?”
Come partire senza l'appoggio dell'altro genitore?
Se l’altro genitore non è d’accordo o non mostra interesse a intraprendere un percorso insieme a te, ecco come orientarti nei primi passi dopo aver intrapreso il percorso Evolution Parents:
Scegli una sola area di lavoro Inizia da ciò che per te è più urgente o che senti di poter gestire meglio in questo momento: ad esempio, ridurre le urla, rendere più fluida la routine serale o aumentare i momenti di connessione con tuə figliə. Partire da un obiettivo circoscritto aiuta a non disperdere energie e a vedere risultati più velocemente.
Agisci nella quotidianità, senza fare proclami
Non serve annunciare: “Da oggi facciamo un nuovo metodo educativo”. Spesso è più efficace introdurre i cambiamenti lasciando che la famiglia entri in confidenza con questo nuovo approccio in modo naturale. Questo riduce le resistenze dell’altro e ti permette di concentrarti sulla tua coerenza, senza la pressione di dover “dimostrare” qualcosa.
Cerca micro-momenti di coerenza con l’altro genitore
Anche se avete approcci diversi, può esserci un punto di incontro su piccole regole o valori: per esempio, la stessa ora di cena, il tempo sull'uso dei dispositivi o l’idea condivisa che non si usano le mani. Questi piccoli punti fermi aiutano il bambino a sentirsi più sicuro e a ridurre la confusione.
Proteggi la tua energia
Introdurre un cambiamento richiede costanza, e per essere costanti serve avere energia. Dedica ogni giorno anche solo pochi minuti a ricaricarti: una camminata, respirazione consapevole, ascoltare musica, qualsiasi cosa ti aiuti a ritrovare centratura. Un genitore stanco e svuotato avrà più difficoltà a mantenere coerenza e calma.
❓ L’altro genitore deve necessariamente saperlo?
No. Puoi iniziare il percorso anche senza informare l’altro genitore. Il lavoro che faremo insieme sarà focalizzato su di te, sul tuo modo di comunicare e relazionarti con i tuoi figliə, senza la necessità di coinvolgere subito l’altro. I benefici si vedranno nel clima familiare, nelle interazioni quotidiane e nella gestione delle situazioni difficili, indipendentemente dal fatto che l’altro sia o meno parte attiva del percorso.
Se vorrai comunicarlo, potrai farlo in qualunque momento.
Prima di salutarci...
Siamo arrivati alla fine, Caro Genitore, e come avrai capito non è necessario che tuttə siano prontə nello stesso momento per avviare un cambiamento: è sufficiente che una persona inizi a muoversi nella direzione desiderata.
Puoi essere tu a dare il primo impulso, non per “fare tutto da solə”, ma per introdurre coerenza, stabilità e strumenti più efficaci nella quotidianità familiare.
Ogni azione allineata ai tuoi valori educativi ha un impatto sul clima di casa, sulle relazioni con i tuoi figliə e, nel tempo, anche sull’altro genitore.
📩 Se vuoi un supporto concreto per farlo, il percorso Evolution Parents è pensato anche per situazioni in cui l’altro genitore non è pronto a fare il passo verso il cambiamento genitoriale: ti fornisce strumenti pratici, sostegno continuativo e un piano di lavoro chiaro, così da ottenere risultati fin dai primi passi.
A presto.
Silvia.







